17 dicembre 2008

Questi esseri mitologici, mezzi uomini e mezzi pirla...

Soggetto inquisito: Trenitalia, di Repubblica Italiana e qualcun altro




Sono dell'opinione che basterebbe poco per rendere questo mondo vivibile, giusto che ognuno mettesse un po' di buona volontà.
Il problema è che la gente non ce ne mette granché, anzi di norma ha l'abitudine atavica di rompere i coglioni.

Se tu, poi, sei tranquilla e pacifica e ti fai i cazzi tuoi, le probabilità di incappare in un rompicoglioni sono esponenzialmente più alte.
Se sei tranquilla e pacifica, ti fai i cazzi tuoi e devi prendere il treno, le probabilità di incappare in un rompicoglioni equivalgono a quelle di non farsi cagare in testa dai piccioni in Piazza San Marco. Non per altro i rompicoglioni sono detti anche cagacazzo: la parentela con il dissenterico pennuto è ben nota.

Ora vorrei chiarire un punto che, a quanto pare, per molti dipendenti delle Ferrovie dello Stato è oscuro: la gente non si diverte a prendere il treno.
Non è che il martedì mattina, alle 7, si sveglia e, tutta giuliva, pensa: "Non ho proprio un cazzo da fare, quasi quasi mi prendo il treno! Massì, facciamoci un giro in quei meravigliosi vagoni, tanto ne ho di soldi da buttare!"
Detto in termini meno aulici: i treni ci fanno cagarissimo, li prendiamo solo perché siamo obbligati da forze di causa maggiore - tipo frequentare un'università per prendere una laurea che si spera che un giorno ci permetta di trovare un lavoro, per il quale dovremo fare i pendolari altri 40 anni, e infine prendere il treno per andare a trovare i nipotini a Canicatì.

Se potessimo, spaccheremmo i vagoni a colpi di mazza da baseball, daremmo fuoco ai sedili e ci faremmo impiantare denti d'acciaio per poter scardinare le porte a morsi.
Ma non in quanto treni, eh... perché non sono i treni che odiamo, no: io credo nei treni, è che odio Trenitalia.
Ecco, l'ho detto: odio Trenitalia. Odio chi gestisce i nostri soldi come se fossero le banconote di Monopoli. Odio chi ha fatto in modo che i costi aumentassero mentre i servizi degeneravano. Odio chi,
tramite abbonamenti a mezzi fatiscenti, ogni dannato mese dissangua migliaia di famiglie che sono obbligate a viaggiare.
E non vedo la necessità di scendere in agghiaccianti dettagli: l'Italia è fatta di pendolari, sappiamo tutti con cosa abbiamo a che fare.


Sentenza: Non Pervenuta, ovvero si salvi chi può!

5 dicembre 2008

E due sorti si mescolano, si confondono e precipitano.

Soggetto inquisito: Lolita, di Vladimir Nabokov




Il libro porta il suo nome. La narrazione inizia e finisce con la stessa parola: Lolita.
Ma chi è Lolita? Dico, oggettivamente. Perché Lolita non è, Lolita appare. È dipinta dalle parole di Humbert, che ne fa l'oggetto e soggetto della storia, ma non ne è la protagonista. Ogni cosa, ogni azione, ogni situazione, ogni sentimento... tutto è filtrato da lui, dunque è Humbert stesso il protagonista.
Lui è l'artista rossettiano consumato dall'ossessione, Lolita è la musa che, come Leanan Sidhe, succhia la sua vita in cambio dell'ispirazione. Con l'unica differenza che Dolore Haze non è una creatura sovrannaturale, ma una ragazzina pubescente come tante. Ma Humbert, ultimo fra i dandy, alla perpetua ricerca della sua donna fatale, si convince di averla trovata in lei e la trascina in un personale inferno di morbosità, struggendosi al contempo perché sa che il suo amore non sarà mai ricambiato.

È delizioso perdersi nell'onomastica, già cara allo stesso Nabokov:
Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti. Ma tra le mie braccia era sempre Lolita.
Dolores ha un significato inequivolcabile e quasi preveggente. Dolly evoca la caratteristica di bambola, di giocattolo bellissimo e vuoto, che Humbert crede di possedere. E Lolita, che suona così simile a Lilith, il demone femminile per eccellenza, condannata ad essere ciò che è per la sua stessa, involontaria natura.
Ma la ninfetta cresce, non resta per sempre la bambola di cui Humbert si era a suo tempo infatuato, ed è allora che scopriamo la vera Lolita, o almeno un suo barlume. E scopriamo anche, inaspettatamente, che Humbert ne è davvero innamorato, benché sempre nel suo personalissimo modo anomalo e perverso... innamorato fino a condannare sé stesso per lei.

Lolita è questo ed altro ancora. Potrei perdere giorni e notti a scrivere di questo libro cercando invano di trasmettere le sensazioni che mi suscita... per altro inutilmente, perché questa è una di quelle opere che necessita di essere assimilata e interpretata da soli.
Quindi vi lascio con
l'ultima frase dell'incipit, la citazione che ritengo più accattivante:
Signori della giuria, il reperto numero uno è ciò che invidiano i serafini, i male informati, ingenui serafini dalle nobili ali. Guardate questo intrico di spine.



Sentenza: 10, ovvero questo è ciò che chiamo un Capolavoro, e la "C" maiuscola è assolutamente scontata
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