Soggetto inquisito: American Psycho, di Bret Easton Ellis
Per il titolo di questa recensione ci sarebbero stati bene anche altri aforismi: La via dell'eccesso conduce al palazzo della saggezza, o Madre dell'eccesso non è la gioia, ma la mancanza di gioia.
Li aggiungo qui come complemento, ma comunque il più adatto è quello che alla fine ho scelto.
Sarebbe riduttivo dire che American Psycho è solo una spietata critica al fenomeno dello yuppismo.
Certamente lo spunto nasce da quel preciso ambiente, ma non si ferma lì: basterebbe qualche accorgimento per adattare ogni pagina del romanzo alla società odierna.
D'altra parte, l'umana follia non nasce e muore nella Manhattan degli anni '80.
Molti giudicano questo libro nauseante, per l'eccesso di particolareggiate descrizioni in cui indulge Ellis.
Ma è anche questo che lo rende così ipnotico.
Non credo di essere stata l'unica ad averlo divorato in tre giorni, morbosamente attratta dal vortice di Male Puro scaturito dalla mente di Patrick Bateman.
Aldilà dell'orrore e dell'angoscia, in certi brani ci si ritrova, assurdamente, a pensare come il protagonista, a capirlo e addirittura a compatirlo.
E alla fine ti chiedi se sia un folle o un saggio... e quale sia il confine tra follia e saggezza.
Sentenza: 9, ovvero mi procurerò altri libri dell'autore
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