12 agosto 2009

Buongiorno tristezza!

Soggetto inquisito: Disastro a Hollywood, di Barry Levinson


Parola di lupetto che non l'ho fatto apposta.
Non l'ho scelto perchè c'era Kristen Stewart.




Il mio problema, ok...uno dei miei problemi, è che non resisto a Robert De Niro.
Quell'uomo su di me esercita un magnetismo inspiegabile dai tempi del Padrino.
E anche qui nei panni di Ben, il protagonista, conferma tutte le aspettative...insomma De Niro c'è!
Almeno lui...
Il parterre de roi, tutti quei nomi scritti in grassetto sopra il titolo, non sono altro che un pretesto, il film respira esclusivamente di e grazie a lui.

Non parto con intenzioni cattive, ma con che altri termini si può definire un film che contiene già nel titolo la parola "disastro".
Una sineddoche, il ritratto di se stesso.
Ma siccome è da ignoranti usare nella definizione la parola da definire, cercherò di argomentare il mio bleah!

Andiamo con ordine, partiamo dall'inizio inizio.
Dovete sapere che io sono una di quelli che giudica il libro dalla copertina, e dal numero di pagine, ovvio.
Non mi baso su un target, abbino il titolo ad una copertina adeguata e ad un numero di pagine congruo -e semmai deficitario mai eccessivo- a esplicarmelo, il tutto nel giro di 20 secondi.

A volte però mi piace rischiare così, per un capriccio e allora me lo leggo a prescindere, ma con una buona dose di pregiudizievole diffidenza.
E se alla fine si rivela essere una cagata, potrò sempre dire a me stessa "Te l'avevo detto".
E sono impagabilmente soddisfatta.

Tuttavia, questo Disastro a Hollywood me l'ha proprio fatta.
Insomma guardatelo: De Niro con infradito, pantaloni alla zuava, sguardo poco convinto e un bruttissimo cane bianco dietro di lui.
Il tutto su sfondo giallo ocra.
Nella mia mente annebbiata dalla calura estiva, ciò doveva per forza corrispondere ad una cosa a dir poco divertente, roba da sganasciarsi dal ridere.
Di quelle cose che ti fanno venire l'acido lattico negli addominali.


Eppure Robert vestito così nel film, non ce l'ho mai visto.
E quel cane finisce con una pallottola in testa.

Insomma, questo filmetto apparentemente scompiscevole, è in realtà la cosa più triste nella storia del cinema, dopo Schindler's list e la mamma di Bambi che non torna.

Cioè non per altro, ma mi aspettavo una specie - guardate mi accontentavo anche di una sottospecie - di parodia dell'universo cinematografico d'oltreoceano.
Invece è l'analisi della frenesia di un produttore cinematografico che ha una vita un pò incasinata a detta sua.
In pratica ha due ex mogli, e da 1 a 3 figli, tra i quali indovinate chi spicca per piangina e muso lungo?
Ma la Stewart!
Ormai la ragazza ha le mani in pasta dappertutto, la De Filippi in confronto a lei è una meteora.

Sul piano lavorativo, si diceva, Ben se la deve vedere con Bruce Willis nei panni di se stesso, ma in versione balenottero obeso, che si rifiuta di tagliare la barba e con un regista fattone che non vuole saperne di cambiare il final cut del film che presenterà a Cannes.

Non c'è che dire, son problemi!

Mi domando dove trovino il coraggio di lamentarsi quelli che si alzano alle 3 del mattino per andare in miniera e non arrivano comunque alla fine del mese!

Per quanto io già sia poco empatica per natura, non c'è niente che stimoli a provare il benchè minimo velo di compassione o qualsiasi altro sentimento triste nei confronti di quest'uomo.
Chi se ne importa se Bruce Willis fa il cagacazzi coi produttori.

Ognuno ha la sua croce.
E poi, non è che basta calare pezzi da quaranta sul tavolo come Sean Penn e moglie, Willis e De Niro, se poi dobbiamo guardarli giocare a bocce.
Chemmefrega a me!
?


Sentenza: 5, ovvero non ci siamo, non ci siamo!

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